Da bambino lo spiedo era gioia pura, siniziava la mattina pelando
gli osei poi un rapido pranzo e subito allopera per preparare
la polenta, tagliare il lardo le lardee, scegliere le foglie
di salvia, quelle giuste, larghe e carnose, infine, per modo di dire,
si approntavano gli spiedi, verso le tre e mezza si accendeva il fuoco
ed iniziava la lenta attesa. Lo spiedo della mia giovinezza aveva una
carica a molla e quando questa stava per finire un piccolo campanello
iniziava a suonare, allora il più piccolo, cioè io, azionava
la manovella ed il lento girare riprendeva sicuro. Una piccola manovella
con il manico di legno in parte bruciato per le lunghe esposizioni al
calore. Per ingannare lattesa mio padre si accendeva qualche sigaretta
prendendo, con la pinza da camino, dei tizzoni ardenti le bronze
, unimmagine che mi è rimasta impressa. Tra una chiacchiera
e laltra gli uccellini si cuocevano lentamente, sempre bene oliati
e poi verso sera entrava in gioco la polenta, cotta anzi fritta nella
leccarda (teglia ovale disposta sotto lo spiedo) la poenta onta.
Ora so che la ricetta che seguirà potrà scatenare molte
lamentele, lamentele che personalmente condivido, la prossima ricetta
è un caro ricordo, ho smesso di preparare e mangiare questo piatto
da qualche anno e comunque lho sempre preparato molto di rado,
ciò non toglie che sia ottimo. La mia speranza è che in
un prossimo futuro il rispetto per la natura e un maggiore equilibrio fra
luomo e la nostra madre terra renda possibile qualche spiedo di
tanto in tanto. In fatto dequilibrio e amore verso la natura mi
torna spesso in mente una frase del mio grande amico Davide, elbano
puro: Il pesce che peschi lo devi mangiare pescare come
cacciare non deve essere uno sterile divertimento. Voglio infine far
notare che non troverete ricette a base di fois gras o altri
ingredienti a base danimali allevati con vile crudeltà
dalluomo per uno sterile piacere, e a proposito di fegato grasso
provate la terrina di fegatini e poi
sappiatemi dire.
Comunque se volete basta un click!